In questi giorni invernali ,freddi e dal cielo plumbeo ,penso alle coste assolate in estate ,al calore che mi manca e agli odori delle piante che inebriano i sensi e penso ad una pianta in particolare che cresce proprio sulle coste assolate del Mediterraneo, una pianta che sembra aver stretto un patto con la luce.
L’Elicriso (Helichrysum italicum) vive dove il vento brucia e il sole non concede tregua; eppure fiorisce, dorato, come un piccolo sole terrestre. La sua postura racconta già la sua natura: caldo-secca, resistente, capace di asciugare l’umidità e trasformare la durezza dell’ambiente in forza e respiro.
Nelle sue foglie argentee e nei suoi capolini si concentra un universo di molecole preziose:
flavonoidi come apigenina e quercetina che proteggono i tessuti, lattoni sesquiterpenici che smorzano l’infiammazione, dionine e acetofenoni che calmano le mucose, oli essenziali ricchi di italidioni, nerile acetato e α-pinene che dialogano con il respiro, il fegato e la pelle.
La scienza li descrive come antiossidanti ed epatoprotettivi; la tradizione li legge come un calore sottile che asciuga e alleggerisce.
La visione ippocratica: il caldo-secco che muove gli umori
Nella medicina ippocratica l’elicriso appartiene alle piante che asciugano, rischiarano e proteggono.
È indicato quando prevalgono gli umori flemmatici: ristagni, edemi, secrezioni fredde, lentezze digestive e metaboliche.
Porta chiarezza nei sistemi che reagiscono troppo o troppo poco, riduce l’umidità interna e restituisce movimento.
La sua azione moderna si definisce modulante. Non spinge né frena: armonizza.
Nelle allergie – respiratorie, cutanee, stagionali – rende più fine la risposta agli allergeni.
Nel terreno autoimmune attenua la reattività, sostiene gli emuntori e alleggerisce lo stato infiammatorio di fondo.
L’aroma resinoso e il sapore amaro-aromatico rivelano la sua inclinazione digestiva: scalda, scioglie, alleggerisce.
Tradizionalmente è usato come supporto nelle steatosi epatiche, nei rallentamenti biliari, nelle digestione lente e “umide”.
Il fegato è uno dei suoi luoghi d’elezione: l’elicriso lo tonifica e lo protegge, favorendo un metabolismo più fluido.
Pianta dei venti e del sole, l’elicriso porta con sé l’energia della protezione e della resilienza.
Non sorprende trovarlo nelle dermatiti, nella psoriasi, negli eczemi cronici: asciuga, calma, libera ciò che ristagna.
La pelle, specchio delle emozioni e confine dell’identità, ritrova con lui un equilibrio fatto di luce e solidità.
Tra le sue preparazioni, l’oleolito di elicriso è il più fedele alla sua essenza solare.
Nell’olio si sciolgono principi attivi liposolubili, frazioni aromatiche lenitive e composti decongestionanti: ne nasce un unguento caldo, morbido, capace di restituire alla pelle ciò che vento, sole o infiammazione hanno sottratto.
La tradizione lo usa per arrossamenti, dermatiti, allergie cutanee, eczemi, irritazioni da salsedine o sole, contusioni e gonfiori lenti a riassorbirsi.
Simbolicamente è un balsamo protettivo: porta asciutto senza seccare, lenisce senza spegnere, aiuta il corpo a ricostruire un confine sano e luminoso.
Un piccolo sole terapeutico
L’elicriso custodisce un insegnamento semplice e potente: trasformare la luce in cura.
Dona calore dove c’è freddo, chiarezza dove c’è confusione, asciutto dove tutto trattiene.
È una pianta che vive tra roccia e mare, radicata nella terra e nutrita dal sole, e da lì ci ricorda come si attraversano i venti forti senza perdere la propria dorata integrità.
Francesca Maestrelli
Terapeuta Iridologista e Naturopata presso Centro Co.Me.Te.
